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Studio Monti - Centro Gestione Stabili | FAQ domande frequenti

Amministrazione di condominio, manutenzione condominiale, ripartizione spese tetto condominiale, sostituzione caldaia condominiale, disinfestazioni, pulizia scale, revoca, rumori molesti. In questa sezione lo Studio Amministrativo Monti - Centro Gestione Stabili risponde alle domande più frequenti sulle problematiche condominiali.
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FAQ risposte alle domande frequenti

Parti comuni

Anche una scarpata è bene condominiale, purché assolva ad una funzione comune

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Può un terreno scosceso rientrare nel novero dei beni condominiali di cui all’articolo 1117 del Codice civile? Sembrerebbe proprio di sì. La controversia che fa da sfondo alla sentenza civile numero 13582, emessa dalla Cassazione in data 29 aprile 2022 , vede contrapposti un condominio e la società di costruzioni o riginariamente proprietaria dell’intero complesso condominiale, e nasce dalla condanna al pagamento di una cospicua somma di danaro per lavori di risanamento e consolidamento di una scarpata adiacente i fabbricati. In buona sostanza, il condominio riteneva di non essere tenuto a rimborsare l’importo già anticipato dalla società, in quanto sosteneva che la scarpata non fosse qualificabile come bene comune.

Era stata la Corte d’appello di Roma a porre a carico del condominio l’esborso della somma in questione; difatti, all’esito di consulenza tecnica d’ufficio ed esame di documentazione catastale, era emerso come, al momento della costituzione del condominio, fosse stata trasferita allo stesso anche la scarpata, rilevando che essa fosse indispensabile per il mantenimento ed il godimento delle palazzine. La scarpata aveva infatti la funzione di sostegno del terreno e degli edifici sovrastanti, posti a monte rispetto ad essa; tanto che il suo smottamento e la sua erosione, avevano già provocato fessurazioni e parziali crolli dei corpi di fabbrica.

L’analisi della corte territoriale
In considerazione della pendenza del terreno, nonché del computo dello stesso ai fini della cubatura dei fabbricati, la Corte d’appello di Roma giungeva alla conclusione che la scarpata non era affatto suscettibile di utilizzazione autonoma; dunque, non era nemmeno rinvenibile un interesse del costruttore a conservane la proprietà esclusiva. Ma vi è di più. A disciplinare il condominio, vi era un regolamento di natura contrattuale, che la Corte territoriale aveva esaminato ed interpretato. Il regolamento indicava l’area condominiale, e quindi i beni trasferiti esplicitamente pro quota ai singoli condòmini, tramite una piantina ad esso allegata che delimitava in rosso tali beni; si precisa che all’interno della zona delimitata non vi era compresa la scarpata.

A questo punto, la Corte d’appello di Roma procedeva ad un’attività ermeneutica che conduceva ad una conclusione ben precisa. La piantina con la delimitazione non poteva considerarsi esaustiva, in quanto l’atto proseguiva utilizzando l’avverbio «inoltre »; vi era dunque qualcos’altro da considerare nel testo del regolamento. Trattavasi delle opere, installazioni, e manufatti, ritenuti indispensabili al godimento ed alla conservazione degli stessi edifici, e nel cui novero deve essere certamente inclusa la scarpata, in ossequio alla funzione che la stessa svolgeva.

La conclusione raggiunta dalla Corte territoriale è quindi la seguente: il costruttore ha trasferito agli acquirenti condòmini anche la porzione formata dal terreno scosceso. All’esito di tale ricostruzione logico-giuridica, i giudici di secondo grado condannavano il condominio alla refusione delle spese anticipate dal costruttore.

La disamina della Cassazione
Il condominio soccombente, non è ovviamente per nulla convinto della bontà del provvedimento emesso dalla Corte territoriale, e si rivolge alla Suprema corte per “smantellarlo”. Secondo il ricorrente, difatti, il ragionamento elaborato dai giudici capitolini si fonda su di una mera interpretazione del regolamento, a cui può ben contrapporsi una differente lettura, che tenga in considerazione solo la piantina allegata che delimita i beni comuni, e che non vi ricomprende la scarpata.

Gli ermellini ritengono che la pronunzia della Corte territoriale appaia invece incontestabile da ogni punto di vista.Secondo costante giurisprudenza di legittimità, il condominio si costituisce nel momento in cui il costruttore proprietario dell’immobile compie il primo atto di alienazione del piano (o porzione di piano) ad un terzo soggetto. Questa attività, pone i presupposti di una situazione giuridica ben precisa: quella che vede la coesistenza tra proprietà individuali di porzioni dello stabile, e comproprietà delle parti comuni. Ecco che si configura l’istituto del condominio, di fatto e di diritto. Il trasferimento a titolo di proprietà individuale dell’unità immobiliare, comporta necessariamente il trasferimento, per la quota corrispondente, delle parti e dei beni comuni dell’edificio, ai sensi dell’articolo 1117 del Codice civile.

Il bene è comune se comune è la funzione
Venendo al caso di specie, la disposizione regolamentare su cui si è svolta l’attività ermeneutica della Corte territoriale, appare sostanzialmente riproduttiva della formula normativa di cui alla lettera c) dell’articolo 1117 del Codice civile, che include tra i beni condominiali anche tutte quelle opere destinate all’uso comune. Il giudizio circa la funzione attribuita alla scarpata, ovvero quella di sorreggere la stabilità degli edifici, appare una valutazione di fatto, formulata sulla base delle risultanze di una consulenza tecnica non contestata; è dunque un giudizio che attiene al giudice del merito, e non è sindacabile in sede di legittimità.

Quanto alle osservazioni mosse dal condominio ricorrente circa l’interpretazione letterale che la Corte territoriale aveva fatto del regolamento contrattuale di condominio, la Cassazione ritiene che neppure da tale punto di vista vi siano censure da muovere; difatti, se l’interpretazione di un contratto avviene secondo i canoni prescritti dalla legge, non è attività censurabile in sede di legittimità. Né tantomeno si può ritenere inesatta un’interpretazione solo perché ve ne è un’altra differente da contrapporre. Alla luce delle argomentazioni sin qui esposte, il motivo “principe” di ricorso non merita accoglimento alcuno. Viene quindi confermata la tenutezza del condominio alla refusione delle spese anticipate dal costruttore per i lavori di consolidamento della scarpata.