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faq – domande frequenti

Studio Monti - Centro Gestione Stabili | FAQ domande frequenti

Amministrazione di condominio, manutenzione condominiale, ripartizione spese tetto condominiale, sostituzione caldaia condominiale, disinfestazioni, pulizia scale, revoca, rumori molesti. In questa sezione lo Studio Amministrativo Monti - Centro Gestione Stabili risponde alle domande più frequenti sulle problematiche condominiali.
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FAQ risposte alle domande frequenti

Compravendita di una unità immobiliare - subentro nuovo proprietario

CONTRIBUTI CONDOMINIALI PRECEDENTI COMPRAVENDITA

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1. Premessa.

2. La partecipazione alle spese condominiali.

3. Trasferimento della proprietà e imputazione dei contributi condominiali.

1 Premessa

L’imputazione, al vecchio o al nuovo proprietario, dei contributi condominiali pendenti è questione assai controversa. Se, infatti, nei rapporti tra condominio e acquirente di un’unità immobiliare opera la regola di cui all’art. 68, quarto comma, disp. att. c.c., secondo cui “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello. precedente” (da intendersi come anno di gestione, non come anno solare), nei rapporti interni tra acquirente e venditore possono verificarsi ipotesi di dubbia interpretazione. Il problema non è di poco conto: si pensi, ad esempio, alle ingenti spese necessarie per il restauro della facciata condominiale, spese che vengono deliberate in un dato momento ma la cui pratica attuazione viene differita nel tempo, quando l’immobile è magari già stato venduto, oppure a contributi maturati allorché il condomino alienante era ancora proprietario dell’unità immobiliare, ma approvati con delibera successiva all’alienazione. In materia la legge di riforma della disciplina condominiale (L. n. 220 del 2012) nulla ha innovato. Ha solo aggiunto, all’ultimo comma del predetto art. 63, che “chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”. Il problema, quindi, resta ancora aperto. Problema che non può essere adeguatamente affrontato, però, senza una preliminare analisi della più generale questione della partecipazione dei condomini alle spese.

2. La partecipazione alle spese condominiali

Il codice civile sancisce l’obbligo per tutti i condomini di partecipare alle spese per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. Tale principio – declinazione del più generale criterio dettato dall’art. 1104 c.c. in terna di comunione – è racchiuso nell’art. 1123 c.c.: norma, quindi, che circoscrive la nozione di spesa condominiale esclusivamente alle spese attinenti alla cosa comune, escludendo, così, tutte le spese che non abbiano questa caratteristica (come, ad esempio, quelle compiute nell’interesse di un condomino, che normalmente vengono catalogate come addebiti individuali). comunque indubbio che l’obbligazione in questione abbia una portata molto ampia, riguardando, come è stato sottolineato in dottrina (cfr. AA.VV., ‘Trattato del condomino, ed. Cedam, 2008, 323), oltre le spese per la conservazione ed il funzionamento dei beni comuni e quelle per la prestazione dei servizi, anche gli esborsi per l’amministrazione della proprietà condominiale (es.: spese per danni causati dal condominio a terzi o al singolo condomino, spese processuali in caso di con traversia giudiziaria ecc,). Da evidenziare anche il fatto che – secondo la prevalente giurisprudenza – per l’insorgenza di tale obbligo non rileva la delibera di ripartizione di tali spese ma solo quella con cui vengano approvate (cfr., ex multis, Cass. sent. n, 16288 del 21.7.2005; in senso contrario si veda, però, la più recente Cass. sent, n. 4489 del 25.2.2014). Ma ciò che rende l’obbligazione di contribuzione alle spese condominiali di particolare interesse è senz’altro il carattere reale che le riconoscono la giurisprudenza e la dottrina. Al riguardo è stato osservato, infatti, come si tratti di un obbligo che origina dalla legge e che preesiste sia all’elaborazione delle tabelle millesimali, sia alla delibera che ne dia contenuto concreto, con la conseguenza che il relativo diritto di credito del condominio costituisce obbligazione propter rem, il cui tempestivo soddisfacimento è in rapporto all’essenziale finalità della conservazione e del godimento delle cose comuni (in tal senso cfr. Cass. sent. n. 2668 del 14.3,1987, e Cass. sent. n. 1890 del 21.2.1995). Più in generale, è stato posto l’accento sulla stretta connessione tra tale obbligo e la contitolarità del diritto di proprietà che ciascun condomino vanta sui beni comuni (cfr:. Cass. sent. n. 1814 del 9.7.1964; Cass. sent. n. 556 del 9.3.1967, e, ancora, Cass. sent. n. 6844 del 16.12.1988). A favore della tesi della natura reale e non personale dell’obbligo in questione opera principalmente la circostanza del suo accollo a carico di chiunque subentri nel diritto di proprietà di un condomino (a nulla rilevando il titolo per effetto del quale gli aventi causa siano divenuti condomini). In altre parole, i condomini, per il solo fatto di essere tali, si trovano ad essere titolari di un obbligo di contribuzione senza che sia necessaria una loro manifestazione di volontà in tal senso. Per tale ragione si è affermato anche che, per questo tipo di obbligazioni, il debitore si individua per relationem, nel senso che soggetti del rapporto sono coloro i quali vengono a trovarsi di volta in volta nella situazione di titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento. Con l’ovvia conseguenza della prevalenza della realtà sull’apparenza: nessuna legittimazione passiva rispetto) l’azione espérita dall’amministrazione per il recupero delle quote può attribuirsi, infatti, a chi non sia il vero proprietario dell’unità immobiliare, pur apparendo tale. Insomma, il quadro che emerge è che la posizione del debitore delle spese necessarie per la conservazione delle parti comuni vada messa in relazione inscindibilmente alla posizione di diritto reale che congiunge il singolo partecipante al condominio, nei limiti della sua quota. La proprietà di un piano o di una porzione di piano al momento della nascita dell’obbligazione contrattuale propter rem viene ad essere l’unica chiave d’individuazione del soggetto obbligato alle spese, con l’effetto che questo criterio di collegamento risulta decisivo anche per disciplinare le vicende del vincolo in ipotesi di vendita dell’appartamento in ambito condominiale (cf. R. TRIO LA, Il nuovo condominio, Giappichelli editore, 2013, 881). In questa direzione, del resto, va anche la più recente giurisprudenza secondo cui “non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, né per il tramite del vincolo solidale di cui all’art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all’art. 1104 c.c., chi non era condomino al momento in cui è insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali” (Cass. ord. n. 19756 del 20.6.2022).

3 Trasferimento della proprietà e imputazione dei contributi condominiali

Inquadrata nei termini appena indicati la questione della partecipazione alle spese, possiamo ora tornare sul tema- da cui abbiamo preso l’avvio – dell’imputazione dei contributi condominiali in caso di trasferimento della proprietà. Occorre allora sapere che, secondo una parte della giurisprudenza, l’obbligo dei condòmini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge nel momento in cui tali spese vengano effettivamente eseguite e non quando esse vengano semplicemente approvate, “atteso il carattere meramente dichiarativo di tali delibere”, con la conseguenza che, in caso di compravendita, tenuto alla spesa è colui che è condomino al momento in cui si concretizza l’obbligo di corrisponderle. In tal senso si è espressa la Cassazione con sentenza n. 23346 del 9.9.2008. Secondo altra parte della giurisprudenza, invece, l’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento degli oneri condominiali sorge per effetto della delibera assembleare che li approva, di tal che, nell’ipotesi di vendita di una unità immobiliare sita in condominio, è tenuto alla contribuzione colui che riveste la qualifica di proprietario allorché la spesa venga deliberata. In questi termini si è espressa la Cassazione, non solo in passato (sent. n. 9366 del 26.10.1996 e sent. n. 10370 del 17.7.2002), ma anche più recentemente, con la sentenza n. 22034 del 2.9.2008 (che precede, quindi, di appena qualche giorno la citata pronuncia, di segno opposto, n. 28345). Le sentenze da ultimo richiamate si basano tutte sullo stesso ragionamento: le spese devono rimanere a carico di chi abbia concorso con il proprio voto ad approvarle. Un terzo indirizzo infine, espresso nella sentenza della Cassazione n. 24654 del 3.12.2010 (e di recente sostanzialmente ribadito nella pronuncia della Cassazione n, 11199 del 28.4.2021), ha proposto una soluzione di compromesso. È stato cosi deciso che “in caso di vendita di un’unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione o innovazioni, in mancanza di accordo tra le parti, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente è tenuto a Opportarne i relativi costi chi era proprietario al momento della delibera dell’assemblea” Diversamente, laddove le spese deliberate afferiscano “alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune”, tenuto al relativo pagamento – sempreché difetti sul punto un accordo tra le parti è chi risulta proprietario al momento in cui l’intervento viene eseguito o il servizio viene erogato, al momento, cioè, del “compimento effettivo dell’attività gestionale”. Il ragionamento su cui si basa questa tesi è, in sostanza, il seguente. La delibera relativa alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni ha carattere “costitutivo”, in quanto ha come oggetto interventi che “debbono essere preventivamente” determinati dall’assemblea “nella loro quantità e qualità e nell’importo degli oneri che ne conseguono”. Al contrario, la delibera concernente la manutenzione, la conservazione, il godimento dei beni comuni e l’erogazione dei servizi condominiali ha valore “dichiarativo”, giacché riguarda spese “necessarie”, riconducibili all”esercizio della funzione amministrativa rimessa all’amministratore”. Logica conseguenza di tutto questo è che, mentre nel primo caso non si può prescindere dalla volontà assembleare, cosi non è nella seconda ipotesi; conclusione, questa, che giustifica la differente individuazione ciel momento di insorgenza dell’obbligo di corresponsione dei contributi condominiali in ragione della “diversa origine della spesa alla quale il condomino deve contribuire”, Si tratta di una soluzione che appare condivisibile. ‘Tuttavia occorre sempre considerare che altre pronunce più datate si sono espresse – come abbiamo visto – diversamente. Sicché, allo stato, l’unica soluzione per prevenire possibili contenziosi non può che essere quella che le parti interessate regolamentino, nell’atto cli compravendita, le eventuali pendenze condominiali.

Intervento svolto al 32° Convegno Coordinamento legali Confedilizia tenutosi a Piacenza il 17 settembre 2022.