Studio Monti - Centro Gestione Stabili | FAQ domande frequenti
Amministrazione di condominio, manutenzione condominiale, ripartizione spese tetto condominiale, sostituzione caldaia condominiale, disinfestazioni, pulizia scale, revoca, rumori molesti. In questa sezione lo Studio Amministrativo Monti - Centro Gestione Stabili risponde alle domande più frequenti sulle problematiche condominiali.
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FAQ risposte alle domande frequenti
L’impugnazione delle delibere
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Vecchio Art. 1137 c.c. – Impugnazioni delle delibere assembleari
Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio, ogni condomino dissenziente può fare ricorso all’autorità giudiziaria, ma il ricorso non sospende l’esecuzione del provvedimento, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità stessa. Il ricorso deve essere proposto, sotto pena di decadenza, entro trenta giorni, che decorrono dalla data della deliberazione perì dissenzienti e dalla data di comunicazione per gli assenti.
Nuovo Art. 1137 c.c. — Impugnazione delle delibere assembleari Le deliberazioni prese dall’assemblea a norma degli articoli precedenti .sono obbligatorie per tutti i condomini. Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della delibera per gli assenti. L’azione di annullamento non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria. L’istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I, con l’esecuzione dell’articolo 669-octies, sesto comma, del codice di procedura civile.
I profili generali
L’art. 1137 c.c. disciplina il regime giuridico dell’impugnazione delle delibere assembleari prevedendo gli strumenti di reazione spettanti al condomino che voglia sottoporre al vaglio dell’autorità giudiziaria eventuali profili di illegittimità afferenti alle delibere che, in quanto approvate dall’assemblea dei condomini, sono obbligatorie e vincolanti per tutti i partecipanti al condominio. La norma in esame è stata solo in parte interessata dalle modifiche introdotte dal legislatore della riforma, che ne ha dunque sostanzialmente confermato l’impianto originario. Quale specifica novità si prevede, al secondo comma dell’art. 1137 c.c. nuovo testo, che la delibera possa essere impugnata dal condomino che si sia astenuto dal manifestare il proprio voto a favore o contro la delibera, nonché, al successivo quarto comma, la possibilità per il singolo condomino di chiedere prima dell’inizio della causa di merito la sospensione dell’efficacia esecutiva della delibera impugnata per il tramite delle norme sul procedimento cautelare uniforme disciplinato dagli artt. 669-bis ss. c.p.c. Viene, invece, eliminato dal testo dell’articolo il riferimento al “ricorso” all’autorità giudiziaria, che aveva dato origine a non poche discussioni tra gli interpreti sia sulla forma dell’atto con cui si doveva introdurre il giudizio di impugnazione, se con il ricorso o con l’atto di citazione, sia sulla corretta individuazione, a seconda dello strumento prescelto ai fini dell’introduzione dell’impugnazione, delle modalità temporali con cui impedire la decorrenza del termine di decadenza di trenta giorni ai fini della proposizione di una impugnazione tempestiva.
La competenza a decidere e la forma dell’impugnazione
L’art. 1137, primo comma, c.c. prevede che le deliberazioni prese dall’assemblea in conformità della legge e del regolamento sono obbligatorie per tutti i condomini: questi ultimi, anche se assenti o dissenzienti, vi si devono adeguare anche in presenza di deliberazioni affette da un vizio patologico riconducibile alla annullabilità o alla nullità. L’eventuale esistenza di un vizio patologico della delibera deve essere eccepito dal condomino che vi abbia interesse, di talché, sino a quando l’autorità giudiziaria non ne sancisca eventualmente l’invalidità, esse producono gli effetti voluti dai condomini che le hanno sia pur irregolarmente adottate. Le delibere assembleari, quantunque illegittime, mantengono ciononostante la propria efficacia obbligatoria e sono pertanto suscettibili di applicazione: lo stesso art. 1137, terzo comma, c.c. prevede che l’azione di annullamento azionata da un condomino non sospende l’esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall’autorità giudiziaria, a testimonianza del fatto che nemmeno l’eventuale impugnazione della delibera è tale da fame cessare automaticamente gli effetti.
Alla piena efficacia delle deliberazioni assembleari nei confronti di tutta la collettività condominiale è riconnesso l’obbligo in capo all’amministratore di darvi tempestiva ed esaustiva esecuzione. A tal proposito, la riforma ha previsto, all’art. 1129, dodicesimo comma, n. 2, c.c., un espresso caso di “revoca titolata” per mano dell’autorità giudiziaria nei confronti dell’amministratore di condominio che non ha dato esecuzione alle deliberazioni assunte dall’assemblea dei condomini. In tema di rimedi attribuiti dall’ordinamento al condomino che vuole fare accertare eventuali difformità tra le statuizioni assunte dal consesso assembleare e le disposizioni della legge o del regolamento di condominio, l’art. 1137, secondo comma, c.c. statuisce che contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l’autorità giudiziaria chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre per i condomini dissenzienti od astenuti dalla data della deliberazione e per i condomini assenti dalla data di comunicazione della deliberazione.
L’obbligatorietà degli effetti che si riverberano nei confronti della sfera giuridica soggettiva di tutti i condomini deve discendere da una delibera vera e propria avente contenuto precettivo. Non sono di conseguenza impugnabili le dichiarazioni programmatiche, le delibere con cui si rinvia ad altra adunanza e le statuizioni meramente ()native con cui non si addiviene ad alcuna decisione. Competente a sindacare la legittimità delle deliberazioni dell’assemblea dei condomini è il giudice civile, nella duplice veste del Giudice di Pace e del Tribunale. La competenza tra il Giudice di Pace e il Tribunale si ripartisce sulla base del duplice criterio del valore e della materia di cui agli artt. 7 e 9 del codice di rito civile: il Giudice di Pace è competente per le controversie il cui valore non ecceda l’importo di 5 mila curo palesandosi per le cause di maggior valore la competenza del Tribunale. Il Giudice di Pace è altresì competente razione materia e per le cause relative alla misura e alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case e per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni che superino la normale tollerabilità: per tali controversie la competenza del Giudice di Pace sussiste indipendentemente dal valore della causa.
Sono cause relative alle modalità d’uso dei servizi condominiali quelle riguardanti limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione e, quindi, quelle relative al modo più conveniente e opportuno in cui tali facoltà debbono essere esercitate, nel rispetto della parità di godimento in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dagli artt. 1102 e 1118 e.e., mentre per cause relative alla misura dei servizi condominiali debbono intendersi quelle concernenti una riduzione o limitazione quantitativa del diritto dei singoli condomini e: quindi, quelle aventi a oggetto provvedimenti dell’assemblea o dell’amministratore che, trascendendo dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini, con esclusione delle cause relative all’esistenza, anche parziale, del diritto di comproprietà del singolo condomino ovvero quelle in cui si neghi in radice un diritto van-tato dallo stesso sulla cosa comune, le quali sono assoggettate alle ordinarie regole della competenza per valore.
In giurisprudenza sussiste un contrasto di opinioni in merito all’individuazione del Giudice ritenuto competente per valore nel caso di impugnazione di delibera assembleare con cui un condomino contesti la debenza dell’importo afferente a una certa spesa che gli è stato addebitato, mettendo contestualmente in dubbio la validità della delibera che tale spesa abbia approvato. In particolare si discute se debba farsi riferimento, ai fini della individuazione del giudice competente per valore, al singolo importo contestato dal condomino od all’intero ammontare risultante dal riparto approvato dall’assemblea, ove venga altresì contestata l’invalidità della deliberazione assembleare che la tale
spesa abbia approvato. Una prima tesi sostiene che, ai fini della determinazione della competenza per valore in relazione a una controversia avente a oggetto il riparto di una spesa approvata dall’assemblea di condominio, anche se il condomino agisce per sentir dichiarare l’inesistenza del suo obbligo di pagamento sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assembleare, bisogna far riferimento all’importo contestato relativamente alla sua singola obbligazione e non all’intero ammontare risultante dal riparto approvato dall’assemblea, poiché, in generale, allo scopo dell’individuazione della competenza, occorre porre riguardo al thema decidendum, invece che al quid disputandum, per cui l’accertamento dì un rapporto che costituisce la causa petendi della domanda, in quanto attiene a questione pregiudiziale della quale il giudice può conoscere in via incidentale, non influisce sull’interpretazione e qualificazione dell’oggetto della domanda principale e, conseguentemente, sul valore della causa (Cass. 16 marzo 2010, n. 6363).
Non manca però la contraria opinione che sostiene che, ai fini della determinazione della competenza per valore in relazione a una controversia avente a oggetto il riparto di una spesa approvata dall’assemblea di condominio, se il condomino agisce per sentir dichiarare l’inesistenza del suo obbligo di pagamento sull’assunto dell’invalidità della deliberazione assembleare, quest’ultima viene contestata nella sua globalità, sicché la competenza deve determinarsi con riguardo al valore dell’intera spesa deliberata. Ove invece il condomino deduca, per qualsiasi diverso titolo, l’insussistenza della propria obbligazione, il valore della causa va determinato in base al solo importo contestato, perché la decisione non implica una pronuncia sulla validità della delibera di spesa nella sua globalità.
Si è detto che la riforma ha espunto dalla precedente versione del testo il termine “ricorso” all’autorità giudiziaria inserendo nella nuova versione la più generica frase “adire l’autorità giudiziaria”. dunque è oramai pacifico che per introdurre il giudizio di impugnazione di delibera assembleare occorre l’atto di citazione, la cui disciplina è prevista dagli artt. 163 ss. c.p.c.: in precedenza sulla specifica questione relativa alla forma dell’atto più idonea a radicare il contenzioso si erano pronunciate ben due sentenze della Suprema Corte di Cassazione di cui una a Sezioni Unite. In un primo momento era stato affermato che per radicare il giudizio di impugnazione di delibera assembleare si potesse indistintamente utilizzare tanto l’atto di citazione quanto il ricorso: ai fini della tempestività del gravame e del rispetto del termine di decadenza di trenta giorni, si era chiarito che per il ricorso valesse la data del deposito dello stesso presso la Cancelleria, mentre per l’atto di citazione si dovesse avere riguardo alla data della notifica e non a quella della iscrizione a ruolo (Cass. 11 aprile 2006, n. 8440).
Successivamente sullo stesso argomento sono intervenute le Sezioni Unite (14 aprile 2011, n. 8491) che hanno invece optato per la sola forma della citazione, sulla base di tre distinte riflessioni:
– l’espressione “ricorso all’autorità giudiziaria” era stata utilizzata nelle maglie del vecchio testo dell’art. 1137 c.c. in maniera atecnica, intendendosi con tale espressione il legislatore riferire alla generica possibilità di reagire alla asserita illegittimità della delibera e non al ricorso in quanto tale; – non sussistevano esigenze di celerità del giudizio di impugnazione tali da giustificare lo strumento del ricorso, atteso che ai giudizi di impugnazione instaurati con ricorso si applicava comunque il rito ordinario di cognizione di cui agli artt. 163 ss. c.p.c.; – posto che l’art. 1137 e.e. contemplava quale vizio patologico della delibera unicamente l’annullabilità e non la nullità, il riferimento al ricorso inteso quale necessario atto introduttivo del giudizio di impugnazione delle delibere assembleari avrebbe comportato il paradosso di richiedere per una medesima delibera viziata da profili di nullità e di annullabilità la duplice impugnazione di essa sia con lo strumento del ricorso, ove si volessero dedurre profili di annullabilità, sia con lo strumento della citazione, per contrastarne i profili di nullità. L’eccezione di decadenza dall’impugnazione per mancato rispetto del termine dei trenta giorni previsti dalla legge è eccezione in senso stretto che deve essere eccepita dal condominio eventualmente convenuto in giudizio. La decadenza non può essere rilevata ex officio dal giudice, trattandosi di materia non sottratta alla disponibilità delle parti. Il termine di trenta giorni entro cui effettuare l’impugnazione è soggetto alla sospensione feriale prevista dalla legge 742/1969 in virtù della sentenza additiva della Corte Costituzionale n. 94/1990.
I legittimati a impugnare
Legittimati a impugnare le deliberazioni assembleari sono, secondo quanto previsto dal nuovo testo dell’art. 1137, secondo comma, c.c., sia il condomino assente, sia il condomino dissenziente, sia il condomino che si sia astenuto dal manifestare la propria opinione in occasione del voto: la legittimazione a impugnare spetta altresì al conduttore per quanto concerne le delibere dell’assemblea che abbiano deciso in merito alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento d’aria, e all’usufruttuario per quanto riguarda le delibere dell’assemblea che abbiano statuito in merito a spese di ordinaria amministrazione che lo stesso debba sostenere ai sensi dell’art. I 004 c.c. e per le quali è abilitato a votare ai sensi dell’art. 67, sesto comma, disp. att. c.c. Il nuovo testo dell’art. 1137, secondo comma, c.c., come detto in precedenza, ha espressamente previsto la legittimazione a impugnare le deliberazioni assembleari anche a favore del condomino astenuto, uniformandosi in tal modo a quanto ritenuto sul punto dalla giurisprudenza della Suprema Corte che ne aveva pacificamente ammesso la possibilità.
Per provvedere all’impugnazione della delibera assembleare occorre avere l’interesse ad agire inteso come interesse volto alla rimozione dell’atto impugnato. Sul punto si è stabilito che in tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali, la legittimazione ad agire attribuita dall’art. 1137 cod. civ. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione e alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell’atto impugnato, essendo l’interesse ad agire, richiesto dall’art. 100 cod. proc. civ. come condizione dell’azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall’accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni (Cass 10 febbraio 2010, n. 2999). Il sindacato che l’art. 1137 c.c. consente all’autorità giudiziaria in merito alle impugnative delle delibere delle assemblee condominiali non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, deve comprendere anche l’eccesso di potere. In presenza di quest’ultimo, che si ravvisa quando la decisione sia deviata dal suo modo di essere, il giudice non controlla l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma accerta unicamente che essa sia o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’organo deliberante (Cass. 20 aprile 2001, n. 5889).
La richiesta di sospensione della delibera
Del tutto nuovo si palesa, infine, il contenuto dell’art. 1137, quarto comma, c.e. secondo cui l’istanza per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva delle delibere assembleari proposta in via d’urgenza prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione delle deliberazioni. La norma richiama, ai fini della disciplina della sospensione dell’efficacia esecutiva della delibera assembleare, le norme sul procedimento cautelare uniforme disciplinato dagli artt. 669 bis e seguenti del codice di rito civile con la unica eccezione del contenuto dell’art. 669-octies, sesto comma, c.p.c.
La norma in esame, da leggere in sintonia con quanto prescritto dal comma precedente, afferma che, proprio perché l’azione di annullamento della delibera eventualmente proposta non ne sospende 1′ esecuzione, l’eventuale richiesta di sospensione della efficacia esecutiva della delibera assembleare debba essere richiesta contestualmente alla proposizione del giudizio di merito: una eventuale richiesta di sospensiva azionata prima dell’inizio della causa di merito non è sufficiente a sospendere e interrompere il termine per la proposizione dell’impugnazione. Ciò significa che, come generalmente avviene, impugnazione della delibera e sospensione della sua efficacia esecutiva si concretizzeranno contestualmente con un medesimo atto che, atteso il nuovo testo dell’art. 1137, secondo comma, c.c., sarà l’atto di citazione. Al procedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva delle delibere assembleari si applicheranno, come detto, le disposizioni del processo cautelare uniforme cui agli artt. 669-bis ss. c.p.c. con l’esclusione dell’art. 669-octies, sesto comma: tale esclusione si giustifica con il contenuto della prima parte dell’art. 1137, quarto comma, c.c. secondo cui l’istanza per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva delle delibere assembleari proposta in via d’urgenza prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell’impugnazione delle deliberazioni e ribadisce il fatto che il procedimento di sospensione deve necessariamente essere seguito dalla proposizione del giudizio di merito non potendo vivere di vita autonoma.
In sintesi
La nuova versione dell’art. 1137 c.c. attribuisce veste normativa A VARIE DECISIONI DELLA Suprema Corte che avevano nel corso del tempo definitivamente risolto alcune questioni applicative, recependone e confermandone l’insegnamento. Sono stati con la norma in esame cristallizzati i seguenti principi:
– la legittimazione a impugnare le delibere dell’assemblea dei condomini spetta anche al condomino che, seppur presente al consesso assembleare, si sia astenuto dal manifestare il proprio diritto di voto;
– per introdurre il giudizio di impugnazione delle delibere dell’assemblea dei condomini si richiede l’atto di citazione stante l’espunzione del testo della norma del riferimento al ricorso;
– l’istanza per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva delle delibere assembleari proposta in via d’urgenza prima dell’inizio della causa di merito non sospende né interrompe il decorso del termine di decadenza per la proporzione dell’impugnazione delle deliberazioni;
– al procedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva delle delibere assembleari si applicano le norme del procedimento cautelare del codice di rito civile: esso deve essere sempre seguito dalla causa di merito.